Furio Colombo, uno dei più importanti giornalisti italiani del secondo Novecento, si è spento oggi all’età di 94 anni. Nato il 1° gennaio 1931 a Chatillon, in Valle d’Aosta, Colombo ha attraversato decenni di storia con una carriera straordinariamente poliedrica, mantenendo sempre uno sguardo rivolto verso l’America. “Appartengo alla stessa generazione di Moravia – dichiarò una volta – e vedo l’America come lui: forse il Paese del futuro.” Un sentimento che affonda le radici nella liberazione americana e nel dopoguerra, un periodo che Colombo ricordava con affetto, nonostante qualche critica “su fatti specifici”.
di Alice Grieco
Una carriera iniziata presto e declinata in molteplici forme
Dopo essersi laureato giovanissimo in giurisprudenza all’Università di Torino, Colombo si dedicò al giornalismo, una passione irrefrenabile che lo portò a esplorare ogni mezzo di comunicazione: dalla carta stampata alla radio e alla televisione. Negli anni ’60 si trovava nei teatri più caldi della politica internazionale: nel 1967 documentò la Guerra dei Sei Giorni dal Sinai e nel 1968 l’offensiva del Têt a Saigon.
Fu anche tra i fondatori del Gruppo 63, al fianco di Umberto Eco, e collaborò con figure di spicco come Gianni Vattimo e Piero Angela nella produzione di programmi culturali per la Rai. Nel corso della sua carriera Colombo scrisse per testate italiane e internazionali di grande rilievo, tra cui La Stampa e La Repubblica, lavorando come corrispondente da New York, dove diresse anche l’Istituto Italiano di Cultura dal 1991 al 1994.
Impegno culturale e politico
Colombo non fu solo un giornalista: professore al DAMS di Bologna negli anni ’70, docente alla Columbia University, alla New York University e alla University of California, Berkeley, portò avanti un’intensa attività culturale. Dirigente per Olivetti e rappresentante della Fiat negli Stati Uniti, Colombo fu anche autore di numerosi libri, dal suo primo L’America di Kennedy (1964) all’ultimo, Sulla pace. La guerra in Ucraina e l’eterno dilemma (2022), scritto con Vittorio Pavoncello.
Nel 2001 venne nominato direttore del quotidiano L’Unità, mentre nel 2009 fu tra i fondatori de Il Fatto Quotidiano, affermando: “Vogliamo fare analisi logiche, non morali”. Colombo fu anche parlamentare per tre legislature, contribuendo con iniziative legislative significative, come la legge che istituisce il Giorno della Memoria per la Shoah, celebrato il 27 gennaio.
L’addio e l’eredità culturale
La famiglia ha annunciato oggi la scomparsa di Furio Colombo, assistito dalla moglie Alice e dalla figlia Daria. I funerali si terranno mercoledì 15 gennaio alle ore 15.00 presso il Cimitero Acattolico di Roma. Dal 17 gennaio, il suo libro La fine di Israele tornerà nelle librerie, un’opera che Colombo stesso aveva voluto fortemente riproporre.
Elisabetta Sgarbi, direttrice de La Nave di Teseo, lo ricorda così: “Furio Colombo è stato, oltre che un amico, uno dei primi entusiasti fondatori della Nave di Teseo. Questo libro, che ha fortemente voluto, lo ha visto prima di lasciarci, esprimendo tutta la sua soddisfazione in un’ultima telefonata pochi giorni fa.”
La scomparsa di Furio Colombo segna la fine di un’epoca per il giornalismo italiano. Rimane, però, il ricordo di un intellettuale eclettico, fedele ai suoi valori e capace di raccontare il mondo con una coerenza elegante e senza tempo.
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