Arezzo (martedì 8 aprile 2025) — Nonostante sia stata dichiarata vittima di omicidio dalla giustizia italiana, Guerrina Piscaglia risulta ancora formalmente in vita per la burocrazia. Questo status giuridico impedisce ai familiari di accedere ai suoi beni, tra cui il conto corrente, che non può essere trasferito in successione.
di Alice Grieco
La donna scomparve l’1 maggio 2014 a Cà Raffaello, frazione di Badia Tedalda (Arezzo), e secondo la sentenza definitiva della Corte di Cassazione, è stata uccisa lo stesso giorno dall’ex sacerdote congolese Gratien Alabi, noto come Padre Graziano. L’uomo sta scontando una condanna a 25 anni di reclusione, ma il mancato ritrovamento del corpo della vittima ha generato una serie di problematiche amministrative.
L’istituto di credito presso cui Guerrina Piscaglia aveva un conto corrente non può sbloccare i fondi senza un certificato di morte, documento che, ad oggi, non esiste. Questo perché, non essendo mai stato rinvenuto il corpo, l’anagrafe nazionale non può registrare ufficialmente il decesso. Di conseguenza, il codice fiscale della donna risulta cancellato, ma senza una dichiarazione ufficiale di morte presunta, i suoi risparmi rimangono inaccessibili.
La procedura per ottenere la dichiarazione di morte presunta richiede un iter legale complesso, da attivare presso il tribunale. La normativa prevede che in assenza di un cadavere o di resti identificabili, la sola sentenza di condanna penale non sia sufficiente per concludere la registrazione del decesso nei registri dello stato civile.
Parallelamente alle difficoltà amministrative, la famiglia Piscaglia ha avviato due azioni civili contro la Chiesa, ritenendola responsabile per il comportamento del sacerdote. La prima causa si è recentemente conclusa ad Arezzo davanti al giudice Fabrizio Pieschi, il quale dovrà stabilire se l’istituzione ecclesiastica debba risarcire i familiari della vittima per il danno subito. La richiesta di risarcimento ammonta a un milione di euro.
Gli avvocati della famiglia, Francesca Faggiotto e Nicola Detti, hanno intrapreso un’azione legale senza precedenti, sostenendo la responsabilità oggettiva della Chiesa per i crimini commessi da un suo ministro. La decisione del giudice è attesa prima della pausa estiva del sistema giudiziario.
La condanna di Padre Graziano si basa su una ricostruzione indiziaria fondata principalmente sui movimenti registrati dalle celle telefoniche e sugli errori nei messaggi inviati dal cellulare di Guerrina, mai ritrovato. Non esistono testimoni diretti, né tracce biologiche che possano indicare con certezza la dinamica dell’omicidio.
Secondo la sentenza, la donna sarebbe stata eliminata perché scomoda: innamorata del sacerdote, sperava in una relazione e, di fronte a un rifiuto, minacciava di rivelare tutto. Tuttavia, le modalità esatte dell’omicidio e il luogo in cui è stato occultato il corpo rimangono un mistero.
L’attesa per il verdetto del giudice e la possibile evoluzione delle cause civili mantiene vivo il dibattito su un caso che, nonostante la condanna definitiva, continua a presentare aspetti irrisolti e nodi burocratici da sciogliere.
Tag: guerrina piscaglia, limbo giuridico, questioni burocratiche irrisolte Last modified: Aprile 8, 2025