Il 2024 ha segnato la fine per oltre 700 negozi in Toscana, un numero che racchiude non solo attività recenti, ma anche autentici simboli del territorio, molti attivi da più di settant’anni. La crescita inarrestabile del commercio online e il disinteresse delle nuove generazioni a continuare le attività di famiglia hanno portato alla chiusura definitiva di questi punti di riferimento, cancellando memorie e tradizioni radicate nella comunità.
di Alice Grieco
A Firenze e in molte altre città della regione, saracinesche abbassate e insegne vuote raccontano una storia di cambiamento sociale ed economico. Questi negozi non erano solo luoghi di commercio, ma veri e propri scrigni di ricordi per intere generazioni. Come non ricordare la “Baraonda”, che per cinquant’anni è stata un punto di riferimento? Oggi, al suo posto, resta solo un vuoto che suscita malinconia nei passanti.
Le motivazioni che spingono alla chiusura sono molteplici:
- Evoluzione delle abitudini di acquisto: Sempre più persone preferiscono lo shopping online, attratte dalla comodità e dai prezzi competitivi.
- Mancanza di ricambio generazionale: Gli eredi spesso scelgono strade diverse, allontanandosi da una vita fatta di sacrifici e rinunce tipica di chi gestisce un’attività familiare.
- Costi elevati: Tra affitti, tasse e spese operative, molti negozi non riescono a sostenere la competizione con le grandi catene o il commercio elettronico.
La chiusura della ferramenta di Anselmo a San Casciano Val di Pesa è solo una delle tante storie raccontate da La Nazione. Dopo decenni di attività, la decisione di abbassare la saracinesca è stata presa a malincuore, anche a causa della mancanza di supporto da parte delle nuove generazioni. Una perdita che non è solo economica, ma anche sociale.
Questi negozi non erano solo luoghi per fare acquisti, ma spazi di incontro e di fiducia. Il sorriso di un negoziante di fiducia, il consiglio esperto su un prodotto, erano un valore aggiunto che difficilmente può essere replicato da un click. La chiusura di queste attività rappresenta non solo un cambiamento economico, ma anche culturale.