Nel caso dell’omicidio di Gezim Dodoli, si aggiunge un ulteriore tassello: anche la sorella dell’uomo, oltre alla moglie e ai figli, ha richiesto di costituirsi parte civile nel processo. I familiari dell’uomo, ucciso a colpi di carabina dopo aver attaccato con un escavatore la proprietà del vicino di casa, si preparano per l’imminente giudizio in Corte d’Assise. Nonostante il giudice Stefano Cascone abbia rinviato al 24 gennaio la decisione sulla posizione di Sandro Mugnai, il 55enne accusato di omicidio volontario, l’attenzione rimane alta sul caso.
di Alice Grieco
Mugnai, secondo l’accusa formulata dal PM Laura Taddei, avrebbe agito senza poter invocare la legittima difesa. Al momento, la tesi non è stata accolta dal gup Claudio Lara, che ritiene che Mugnai non fosse in pericolo imminente al momento dello sparo. “Sono passati 700 giorni senza che dorma serenamente, e purtroppo ce ne saranno ancora molti”, ha dichiarato Marzia Lelli, legale dell’imputato, illustrando il grave disagio psicologico dell’artigiano, che continua a sostenere di aver agito esclusivamente per proteggere sé stesso, la sua famiglia e i suoi beni da un’aggressione ritenuta “violenta e irrazionale”.
Il drammatico episodio: ricostruzione dei fatti
La sera del 5 gennaio 2023 a San Polo, Dodoli, alla guida di un escavatore giallo (un “Merlo”), avrebbe dapprima distrutto le automobili dei vicini per poi abbattere una porzione del muro dell’abitazione dove la famiglia di Mugnai era riunita a cena. In risposta, l’artigiano ha esploso cinque colpi di carabina utilizzata per la caccia al cinghiale, uno dei quali si è rivelato fatale, colpendo Dodoli al cuore.
La questione centrale del processo riguarda la natura dei colpi: difensivi o offensivi? Secondo il gup, la sequenza di spari non sarebbe stata giustificata dalla necessità di difesa, dal momento che la vita di Mugnai non sarebbe stata in pericolo diretto al momento del primo colpo. La difesa, rappresentata dagli avvocati Marzia Lelli e Piero Melani Graverini, intende dimostrare, con l’ausilio di perizie balistiche, che non vi fu intenzione di eliminare Dodoli, ma una reazione proporzionata a una situazione di terrore e isolamento.
Le tesi contrapposte: difesa e accusa
Secondo l’avvocato Graverini, i colpi furono esplosi in sequenza progressiva: un primo colpo di avvertimento a terra e, successivamente, quattro diretti verso l’escavatore. “Non è vero che Mugnai sparò alla schiena di Dodoli nella fase iniziale”, precisa Graverini, riferendosi a quanto sostenuto dall’accusa. Al contrario, un frammento potrebbe aver prodotto un effetto distorsivo nelle analisi iniziali.
Dal lato dell’accusa, gli avvocati Francesca Cotani e Daniel Sussman, rappresentanti della parte civile, sostengono una diversa narrazione degli eventi, focalizzandosi sulle azioni di Dodoli precedenti all’assalto con l’escavatore. “La famiglia chiede giustizia”, dichiarano, evidenziando che la vicenda è stata finora rappresentata in modo parziale, spesso influenzata da fattori esterni, compresi dibattiti politici.
La scelta processuale: rito ordinario o abbreviato
La difesa di Mugnai ha optato per il giudizio ordinario in Corte d’Assise, ritenendo più vantaggioso confrontarsi con una giuria popolare piuttosto che accedere al rito abbreviato, che garantirebbe una riduzione di un terzo della pena in caso di condanna. L’obiettivo primario è ottenere il proscioglimento completo per l’imputato, ritenendo “inconcepibile” la sua attuale posizione legale.
Il caso, che ha suscitato un vasto dibattito pubblico, continuerà a essere oggetto di approfondite analisi tecniche e testimoniali. Solo il processo potrà stabilire se quanto accaduto a San Polo rappresenti un drammatico episodio di legittima difesa o un crimine commesso senza giustificazione.
Tag: gezim dodoli, laura taddei, parte civile, processo dodoli Last modified: Gennaio 15, 2025